domenica 25 marzo 2018

Non s'arriva a fine mese! (E è tutta colpa de' negri)


Firenze, anzi Pontassieve, fine marzo dell'anno I dell'Era Legostellata. Sì, proprio Pontassieve, la cittadina dove risiede anagraficamente un famoso senatore di Scandicci.

Fallisce una maison di moda, tale Braccialini. Nella meravigliosa società capitalista, non è che devono fallire solo gli artigiani, le imprese edili o i localini trendy: può fallire anche una casa di moda, appartenente ai uno dei tràini (non traìni) dell'azienda Italia, un'eccellenza, eccetera. Ed è, naturalmente, tutta colpa de' negri, che non solo ci invadono con la complicità di quelle maledette ONG, non solo attentano alla civiltà accidentale occidentale, non solo stuprano le donne e rapiscono i bambini (ah no, quelli sono gli zingari, ma fa lo stesso), non solo rubano il lavoro, ma anche fanno fallire le storiche maison fiorentine.

Succede che allora, nell'ambito del fallimento della maison e nel recupero del patrimonio, si organizza una gigantesca svendita di borse & borsette con il marchio "Gherardini". Poiché, naturalmente, grazie a' negri e agli zingari 'e 'un s'arriva a fine mese, 'e c'è la grisi e s'affoga talmente ne' debiti da risolvere la questione sparando al primo negro che passa, bisogna approfittare dell'occasione; i locali della fallita maison Braccialini vengono quindi trasformati, come c'informano le gazzette, in outlet temporaneo e comincia ad affluire una marea di unsarrivaffinemèse da fare paura.


Migliaia in coda per ore. Vigili urbani con le mani nei capelli (tranne quello in primo piano nella foto, ovviamente). Carabinieri. E è solo il primo giorno della svendita. E per forza ci vogliono i gendarmi: sei ore di attesa, spintòni, insulti, mòccoli. L'apertura dell'outlet temporaneo di borse e borsette è prevista a partire dalle 10 del mattino, ma c'è parecchia gente già in coda dalle sette o dalle otto. Alle 13 (che qui si chiamano i' tocco) riesce a entrare qualcuno che era in coda dalle 9, poi alle 14 viene chiuso tutto per esaurimento (forse della merce, forse nervoso, forse tutte e due le cose). Ma comunque la marea non se ne va: e se fosse tutto un trucco de' negri per fregarci, e entrare loro a prenderci le borse? Ma ora sì che ci penserà qualcuno!

Sempre come c'informano le gazzette, c'è chi è partito alle sei e mezzo del mattino dall'Emilia Romagna per mettersi in coda; lo dice una ragazza, specificando di essere "distrutta". Cosa si fa per arrivare a fine mese (che poi è pure vicina essendo il venticinque di marzo).


Nel frattempo, sembra che le mamme, quelle più colpite dalla grisi, oltre che sovente da' mariti o ex mariti gelosi e, naturalmente, anche da' negri e dagli zingari che rapiscono i bambini, si organizzano. Qualcuna si è portata dietro il pargoletto o la pargoletta, e sono già le quattro del pomeriggio. "Ho la bambina, posso passareee....?" Apriti cielo: la mammina viene quasi linciata. "I bambini si lasciano a casa, non si portano per fare la furba!"  Si vocifera a questo punto di torme di torvi negri e di malvagi zingari all'agguato, pronti per approfittare della svendita di bambini italiani. Cominciano, pare, a volare dei patriottici ceffoni; e non si può nemmero dire, qua, "prima gli italiani"! Qualcuno si sente male, e viene portato via; si sentono a questo punto folate di solidarietà, tipo "Una in meno! Brutta vecchiaccia di merda, così impari a venire a rompere i coglioni!", eccetera, eccetera.  Qualcuno, invece, ce la fa a entrare dopo ore.


Ed ecco infine l'agognata merce, l'agognato marchio in libera svendita. I primi a partire, pare, sono i trolley, le maledette valige che ingombrano i treni, i marciapiedi, le stazioni, le strade, ogni cosa. Anche se vai da Firenze a Sesto ci devi avere il trolley, ma icché vucciavète da portàvi, madonna trolley? E indanto piedi pestati, botte negli stinchi e quant'altro. Portafogli da uomo a 10 euri, ma tanto a che vi servono se disordiunceneppiùe...? Tutta colpa dell'euro, de' negri e unceppiùiffutùro, i giovani emigrano (col trolley) e scrivono a Concita Di Gregorio, oppure votano per la Meloni (chissà se c'era pure lei in fila, in mezzo alla gggente, e magari con la figlia per saltare la fila), oppure chissà cosa. Dentro l'outlet temporaneo proseguono le operazioni di borsa: chi è felicissimo, chi ha la faccia stravolta (la signora in basso a sinistra nella foto, diciamolo francamente, sembra uscita da un libro di Stephen King), chi discute, chi prova...ce l'hanno fatta! E possono così arrivare fieri e felici al fine mese che s'approssima. Fuori intanto, impera la delusione. Perché loro si e io no? Maledizione! Ma è solo una battaglia persa, alla prossima svendita giuriddìo che mi metto in coda alle cinque di mattina! E vo in culo anche ai Carabinieri, invece di proteggerci dagli immigrati stupratori (quando non stuprano loro, naturalmente...), mettersi a fare i gradassi co i' Pòpolo affamato. Pane e borsette griffate (ancorché fallite)!

C'è un'ultima, piccola considerazione da fare.


La considerazione non riguarda ovviamente la signora della foto, la quale -intelligentemente- avrà pensato bene di munirsi di occhiali scuri per nascondere le borse (quelle sotto gli occhi) per essersi dovuta svegliare alle quattro di mattina. Riguarda invece i trolley griffati messi normalmente in vendita a 300 euri e svenduti a 35, gli stessi 35 euri a cui vengono vendute borse che in negozio ne costano 500. Ci sono borse da 2000 euri (!!!) svendute a 90, e così via. Mi chiedo: ma come funziona 'sta cosa? Mah ! Invece di far fare code chilometriche a questa povera gente che 'unn' arriva a fine mese, non potevano direttamente regalargliele e tirargliele dietro? Regarlarne qualcuna anche a' Carabinieri? Non ci capirò mai niente, nei meccanismi di produzione e di mercato, ma è notorio che non sono molto intelligente. E quelli che dentro la maison fallita ci lavoravano, che faranno? Andranno a votare per Salvini, oppure alla seconda puntata della svendita ci saranno pure loro? Prima gli italiani, specialmente nella coda per il trolley!


mercoledì 7 marzo 2018

Il pensionato 2.0




Lo sento da oltre il muro che ogni suono fa passare,
tira fuori il fucile e si mette a sparare,
lo vedo con lo smartphone, che non so cosa sia bene,
che fa una luce fioca, quasi da trenta candele,
ci ha in mano “La Nazione” piena di paure e orrori,
moschee, polveriere, comitati anti-rumori,
fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani,
provare una pistola e mirare agli africani...

Lo sento quando torno stanco e tardi alla mattina
berciare con la moglie, con le figlie o la vicina,
ce l'ha con me perché gli butto la mia sigaretta
giù dentro alla terrazza, dove tiene una Beretta
e poi lo incontro ancora quando viene l'ora mia,
sovente ci scambiamo qualche antica cortesia:
“Brutta testa di cazzo, te e quei negri marrocchini,
Ma tanto sta' tranquillo, che ora ci pensa Salvini...”

Mi dice cento volte tra la rete dei giardini
che lui degli zingari ammazzerebbe anche i bambini
che 'sti rubalavoro van buttati dentro al cesso,
che lui con la pensione non si compra manco il lesso...

Io ascolto, apre la giacca, c'è qualcosa che fa “toc”,
non mi vorrei sbagliare, ma mi sembra una Glock,
mi dice che, oramai, vorrebbe farla finita,
gli dico: “Ma si accomodi!..” “Oggi no, c'è la partita...
magari il cinque marzo, giorno dopo le elezioni,
forse uscirò di casa per levarmi dai coglioni...”
Dovrei un po' trattenerlo, ma nel cesto delle uova
ci ha un dépliant che dice di votare Forza Nuova...

Io ascolto e un po' ricordo il pensionato di Guccini,
di quando i pensionati ci avevan dieci gattini,
di quando al bar accanto, tra lacchezzi e vino rosso
giocavano a ventuno moccolando a più non posso,
e gli 'eran stronzi uguali, però avevan la pensione,
parlavano di donne, e mica dell' “invasione”,
e ce l'avevan sempre co' Andreotti e co' Fanfani,
ora ce l'hanno sempre con quel “prima gli italiani”...

Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo
che qualcuno gli ha messo nelle teste per votarlo,
e mentre si lamentan che 'un s'arriva a fine mese,
c'è un negro e vende ombrelli, che sarà senegalese...?

Diremo forse un giorno: “Ma è lui sul Ponte Vespucci...?”
C'è un uomo steso in terra, ma che son questi corrucci...?
E' meglio farli fuori poco a poco tutti quanti,
Quindi, per cominciare, un po' di spari sui passanti.
Passanti sì, però, basta che passino un po' strani,
Magari anche un po' negri, mi suiciderò domani,
E poi ci abbiam le vite di sì tante cose piene,
Chi si ricorderà, fra due o tre giorni, di Idy Diene.


(Sull'aria del "Pensionato" di Francesco Guccini)




martedì 6 marzo 2018

Ponte Idy Diene


Quando, a volte, si scrive troppo "a caldo", perdipiù basandosi su prime notizie riportate da testate di regime, si commettono spesso inesattezze, e si basano i propri ragionamenti su prospettive sbagliate.

Così ieri mattina, quando appunto poco dopo i fatti ho scritto il post intitolato Il secondo venuto mi sono lasciato fuorviare da diverse cose, prima fra tutte quella della follia e della disperazione. Altro che follia. Altro che disperazione. Me lo è stato fatto giustamente notare; vorrei quindi riportare ciò che quella persona mi ha scritto.

" Mah, a me sembra che chiamarla follia sia pericoloso. La follia è qualcosa di imponderabile, qualcosa come un fumoso uccellaccio che può attaccartisi ai capelli quando meno te lo aspetti, una causa esterna dunque. Qui invece - come nel caso del carabiniere che ha ammazzato le figlie - io vedo vigliaccheria e stronzaggine, calcolo e grettezza, piccineria e manie di grandezza. Questo ha scelto di togliersi le castagne dal fuoco a prezzo di una vita altrui (ed è paradossale che probabilmente ci sia stata una componente di rimorso nei confronti della propria famiglia, per averli messi nei casini finanziariamente; ma nessun freno morale - e quindi nessun rimorso - nell'uccidere un altro essere umano a scopo puramente utilitaristico). Quell'altro ha quasi ucciso la moglie e ucciso le due figlie (ma perchè poi le figlie?!) perchè la moglie aveva osato separarsi da lui, quando lui stesso aveva un'amante da tempo. Guardare dentro a quell'individuo è come guardare dentro una fossa settica non spurgata da un bel po'. Parlare di follia ne suo caso, o in quello che hai raccontato, significherebbe concedere un'attenuante morale che decisamente nessuno dei due si merita. "

Non ci sarebbe, in fondo, molto da aggiungere. O forse sì. Ci sarebbe da aggiungere che tutto quel che è accaduto ieri mattina è il frutto, oramai, di una "cultura", di un modo di pensare, di razzismo, di odio. E stop. Nessuna "follia", anche se dalla follia siamo circondati. Nessuna "disperazione", anche se dalla disperazione siamo circondati. Per le tue follie e le tue disperazioni, la colpa ricade sull'Altro. L'Altro è nemico. Questo è stato fatto passare nella testa. L'Altro ti "invade". L'Altro ti "ruba il lavoro". L'Altro "stupra le donne". L'Altro è "terrorista".

E così, oggi, su quel ponte è stato organizzato un presidio. Mi ci sono recato. Poco prima di arrivare sul ponte, sono entrato in un bar per prendere un caffè. Simpatica e giovane barista italiana. Entra all'improvviso un giovane vestito da lavoro, che evidentemente conosce la barista; si mettono a parlare. Due giovani fiorentini della classe lavoratrice.

"Oh, hai visto quello ieri sul ponte?", dice lui alla barista che annuisce. "Ha fatto proprio bene...! A me mi tocca lavorare in un cantiere coi bangladesh...uno in meno! Casomai è stato un bischero perché si è fatto beccare subito dalla polizia...!" E la giovane barista là che sorrideva e ridacchiava.

Io ho posato il caffè senza finirlo di bere e sono uscito dal bar senza nemmeno pagarlo. E non se ne sono nemmeno accorti tanto erano beati nel ridacchiare sull'assassinio di un essere umano che neanche conoscevano.

Un assassino che aveva "risparmiato la mamma col bambino" (anche loro di colore, ma quando ho scritto ieri ancora non si sapeva) scaricando poi sei colpi di pistola su Idy Diene, venditore di ombrelli, abitante a Pontedera, che passava di là. Un assassino con la sua brava pagina "Facebook" sulla quale lo si vede col suo fucile. Un assassino razzista che, sempre sulla sua pagina Facebook, scriveva i pensierini contro l'ISIS. Il tipografo pensionato sessantacinquenne. La "persona qualsiasi" come la giovane barista e il suo amico lavoratore. La persona che puoi incontrare sull'autobus, alla cassa del supermercato, in un bar, per la strada, dovunque.

Ed eccovi quindi gli "italiani", quelli che dovrebbero sempre "venire prima" negli slogan acchiappacervelli di una destra che, oramai, abbraccia tutto e, più che altro, la mente delle persone. La vita dell'Altro non conta niente, e chi lo fa fuori diviene una sorta di eroe. Come il Traini da Macerata, come il Pirrone da Firenze. Quel che più mi rimprovero, in quel che ho scritto ieri, è di aver ceduto anche io alla panzana della "follia" e della "disperazione", panzana che il Pirrone si è sentito bene di esprimere anche al momento del suo arresto ("Portatemi in carcere, questa vita mi fa schifo"). Già, questa vita ti fa schifo, e quindi, dai, togliamola al primo o secondo che passa. Basta che sia negro, naturalmente. La vita che faceva schifo al Pirrone non la si poteva togliere a un turista tedesco o all'italiano. Un negro, invece, si può anche ammazzare come un capo di bestiame da abbattere.

Il ponte Vespucci ha delle ringhiere metalliche per tutta la sua lunghezza. Quando sono arrivato c'erano un po' di fiori, dei cartelli, due o tre striscioni. Nulla in confronto alla cancellata dello stadio, dove una città intera piange un calciatore di 31 anni morto per cause naturali in una camera di un albergo a cinque stelle. Per un negro di 54 anni ammazzato mentre camminava per i fatti suoi, la città intera non piange e non si scomoda granché. E' così a Firenze e sarebbe così ovunque. A Macerata, dopo quel che è successo, il primo partito è la Nazi-lega di Salvini. C'è rabbia, certo, tanta rabbia. Viene sfogata sul sindaco Nardella, che si è presentato al presidio; il sindaco PD, creatura di Matteo Renzi, applicatore ferreo dei decreti del suo sodale Minniti, distributore di Daspo urbani, sgomberatore indefesso.

Lo stesso sindaco Nardella che ieri sera, mentre i senegalesi e gli altri africani stavano percorrendo il centro in una manifestazione spontanea, si preoccupava tanto di due o tre "fioriere antiterrorismo" nel salottino buono e di gran lusso di via Calzaiuoli, divelte e rovesciate. "Paura in centro", titolano la "Nazione" e la "Repubblica"; già, invece sul ponte, che è pure in centro, così tanta paura non c'era. C'era, invece, il giustiziere "disperato" e "folle", quello che "voleva andare in carcere per non gravare sulla famiglia". Aver creduto a queste balle, all'inizio, è una cosa che non mi perdono.

Il sindaco Nardella è stato cacciato via dal presidio, e si è beccato anche uno sputo addosso da qualcuno. Torni a preoccuparsi delle sue fioriere, dei suoi cantieri che non finiscono mai, delle sue inaugurazioni di giardinetti, dei suoi fontanelli e dei suoi "angeli del bello".

Rabbia, polizia, (tanti) africani e africane, (pochi) italiani e fiorentini. I soliti. L'usuale contarsi mentre ci si saluta praticamente tutti quanti, a parte qualche cittadino e cittadina che è venuta a esprimere "solidarietà". D'accordo, la solidarietà; d'accordo la presenza. Ma non è possibile neppure parlare di una minoranza. Si tentava di formare un corteo che è stato impedito dalla polizia (tra l'altro, sabato 10 marzo si terrà a Firenze un corteo nazionale); c'è stato anche un piccolo inizio di carica. Sono del tutto certo che, invece, molta più "solidarietà" sarà riservata al povero, disperato, folle Pirrone. All' "italiano" coi debiti e col fucile da Facebook. All'ordinario "pensionato", quello che magari si è fatto "una vita di lavoro". Ma queste "vite di lavoro" chi ve le ha fatte fuori, dei politicanti o gli immigrati? La Fornero o Idy Diene? Renzi o i venditori di ombrelli? I padroni o dei diseredati?

Questa la situazione. Questi i veri "risultati elettorali"; questo quel che si avrà a ripetere. E, penso, anche molto presto.


lunedì 5 marzo 2018

Il secondo venuto



Firenze, mattina del 5 marzo 2018. Una mattinata di fine inverno, grigia, fredda, piovigginosa. La città è in lutto per l'improvvisa morte di un giocatore di pallone. Da poco si sono fatte le loro votazioni e imperversano seggi, conteggi, governi, poteri, coalizioni; tutto questo non impedisce né alla pioggia di cadere, né alla vita e alle vite di tutti di sciorinare le loro banalità quotidiane, le loro occupazioni.

Non lontanissimo da dove abito, c'è un ponte dedicato a uno che ha dato il suo nome a un continente intero, fin dalla Universalis Cosmographia di Martin Waldseemüller e Matthias Ringmann. Era un venticinque aprile, dell'anno 1507. Nel frattempo, su quel ponte che sbocca davanti al consolato degli Stati Uniti d'America, davanti a quel consolato dove si facevano i sit-in, le proteste e gli scontri, passa il signor Roberto Pirrone, di anni sessantacinque. Sembra sia uscito per una di quelle banalità quotidiane di cui si parlava prima, o occupazioni: suicidarsi. Anzi, per meglio dire: suicidarsi per questioni economiche.

Arrivato sul ponte, il sig. Pirrone constata però che suicidarsi, pur essendo a tutti gli effetti un fatto quotidiano, non è poi così semplice. Gli manca, insomma, il famoso coraggio. Ha già scritto una lettera d'addio alla figlia. Ha con sé una pistola, vale a dire quella cosa che dovrebbe servirgli per compiere quel banale atto e spedirsi da solo nell'altro mondo; ma il sig. Pirrone proprio non se la sente, non ce la fa. L'ego prevale sull'es. Escogita allora un'altro sistema.

Andare in carcere. Suicidarsi da vivo. Per non gravare più sulla famiglia. C'è tutto un manuale di psicoqualcosa in quel che accade dopo: perché il coraggio che manca per puntarsi una pistola addosso e farla finita, lo si trova per puntarla addosso a qualcun altro che sta passando. Il primo che passa; anzi no, in questo caso pare il secondo.

Passa una famiglia con bambini. Loro? No, il signor Pirrone è sicuramente una persona perbene, un ometto qualsiasi, un brodo di tutte le storie che possono accumularsi in una vita ordinaria. Non si ammazza una famiglia con bambini. Dopo di loro, invece, passa un senegalese di una cinquantina d'anni e rotti; è solo. Bingo. Per uno del genere si può anche andare in galera, e non gravare più sulla famiglia risparmiandole anche le spese per il funerale. Il secondo venuto, appunto. E così il senegalese, che passava da solo sul ponte, si ritrova steso per terra sotto la pioggia, attorniato da soccorritori che sembrano vestiti da Babbo Natale. Morto, naturalmente. Quando si passa su un ponte e si incrocia una disperazione armata, occorre sempre tenere conto che avere la pelle scura, oggi come oggi e anche ieri come ieri, è un grosso problema. Anche imbattendosi in un disperato a cui però manca il coraggio di rinunciare alla propria vita, paiono esserci discrete differenze, serie A e serie B, famiglie felici e negri che camminano da soli. Quindi, pum pum.

A Firenze si spara volentieri al senegalese; mi piacerebbe poter dire che le gesta del Casseri in piazza Dalmazia "sono ancora nella memoria di tutti", ma tutto lascia supporre che non sia affatto così. E così eccone un altro, mentre prosegue il lutto per il calciatore morto e si contano i voti. Così per fare, per un fascista o per un aspirante suicida. Di tutto oramai si ha paura, tranne che della follia gratuita. Scrivo in giorni in cui mi è capitato di sperimentarne personalmente un piccolo esempio, per fortuna senza gravi conseguenze; ma le conseguenze dipendono magari dal fatto di ritrovarsi semplicemente di fronte a uno che non ha un'arma, oppure a uno che non ce l'ha. Tutto qui.

Ne consegue che, passando su un ponte cittadino, bisogna prendere la follia e farle un discorsetto preventivo. Può, ovviamente, essere del tutto inutile perché la Follia ha sempre e comunque l'ultima parola, ed inoltre può manifestarsi bianca, nera, gialla, rossa, a pallini o incolore; ma avendo ella comunque un barlume di logica, sia implicita che indotta, e considerato che si tratta di un estremo tentativo di salvarsi la pelle, le va detto prima di tutto di essere un normale uomo bianco, in possesso di documenti attestanti la cittadinanza italiana. Il fatto, magari, di essere da solo e di non avere momentaneamente con sé moglie o bambini che indichino lo status familiare, può rappresentare senz'altro un problema se su quel ponte passa il sig. Pirrone cui non riesce proprio di suicidarsi e che vuole andare in carcere; ma il destino, che a propria scelta si può chiamare Iddio o Buona Sorte (altresì detta "Culo"), ha voluto che proprio in quel momento, in seconda battuta, passi il sig. X, africano e solo. E senz'altro privo di famiglia, dato che gli africani hanno al massimo una tribù.

Così funziona. Andando a leggere scrittori e cronache dell'antichità, medievali, di tempi comunque lontani, si trova sempre espressa la paura della follia dei propri tempi. Non è, quindi, nulla di nuovo sotto il sole, anche quando piove. Se ne è sempre avuto paura, della follia, cercando di ricacciarla nei pozzi più profondi degli abissi, nascondendola, patinandola, oppure -non di rado- innalzandola fino ai gradi più alti del potere. Cercando comunque di renderla inarrivabile, ma facendosi stendere addosso il suo velo che ha la tendenza ad essere proteiformemente quotidiano. Quotidiano e munito di tutti i segni di un dato tempo.

Poiché su quel ponte sarei potuto passarci io, o tu; poiché un sig. Pirrone con i propri problemi economici (o affettivi, o esistenziali, o di qualsiasi altro genere) lo si trova sempre, e ci si passa accanto sfiorandosi sull'autobus, in una strada, su una spiaggia o persino in casa propria; poiché la follia è padrona del genere umano fin dai suoi albori; poiché nessuno ne è al riparo e nessuno ha il diritto di dichiararsene immune; poiché quasi sempre essa è coniugata ad una lama di odio che ci perfora costantemente e scientemente nutrita; poiché la vita di ognuno sfocia in un momento in cui non si torna più indietro; poiché nessuno conosce niente di nessuno; poiché si può essere in qualsiasi istante e in qualsiasi luogo dei secondi venuti; poiché lo spread è già salito di dieci punti; poiché anche stamani c'è, steso per terra, un cadavere che parlava wolof, non resta altro da fare che tenersi sempre pronti. Estote parati, si dice classicamente.

Il senegalese ucciso, il secondo venuto, si chiamava Idy Diene e aveva 54 anni. Sul ponte si è radunato spontaneamente un gruppo di connazionali.