martedì 27 marzo 2012

Il picnic di Kanaguri


La Maratona, allora, era un po' più corta; durava poco più di quaranta chilometri (esattamente 40,2) al posto dei 42,195 attuali. Il giapponese Shizo Kanaguri, nei primi anni del secolo scorso, la correva in un tempo più che rispettabile: nel novembre del 1911 aveva stabilito il record del mondo con il tempo di 2 ore, 35 minuti e 45 secondi. Si trattava di una gara di qualificazione per le Olimpiadi dell'anno successivo, che si sarebbero svolte a Stoccolma; e qui nascevano non pochi problemi.

Nel 1912, andare dal Giappone a Stoccolma non era certo impresa da poco. Per permettere il lunghissimo viaggio a quell'atleta di valore, fu organizzata una raccolta di fondi dalla Scuola Normale Superiore di Tokyo, presso la quale il giovanotto (era nato il 20 agosto 1891 nella cittadina di Wasui) studiava. Praticamente tutti (studenti, laureati e professori) parteciparono alla colletta; diede il suo contributo anche lo stesso preside, Jigoro Kano, che era stato il fondatore della disciplina del judo. Furono raccolti 2000 yen di allora, corrispondenti a circa 150.000 euro attuali; del resto, con Shizo Kanaguri il Giappone aveva serissime probabilità di vincere la medaglia d'oro nella corsa-simbolo degli interi giochi Olimpici.

Shizo Kanaguri partì il 16 maggio 1912 in treno, dalla città di Shinbashi, recandosi al porto di Tsuruga. Da qui si imbarcò per Vladivostok, da cui prese la Transiberiana per Mosca. Dopo diciotto giorni di viaggio, finalmente, il 2 giugno arrivò a Stoccolma dove prese a allenarsi coscienziosamente; prima si era arrangiato facendosi di corsa decine di volte al giorno tutto il treno, per i corridoi. La Maratona olimpica era in programma per il 14 luglio.

Arrivata quella data, il tempo giocò uno scherzetto del tutto inatteso. I maratoneti si trovarono infatti ad affrontare una giornata impensabile per Stoccolma, sia pure nel mese di luglio: il sole batteva come in una città mediterranea, e la temperatura era di 33°. Il regolamento dell'epoca, rigidissimo, non prevedeva alcun punto di ristoro durante la corsa, e questo costò carissimo al campione del Portogallo, Francisco Lázaro, che in preda a una crisi di disidratazione stramazzò al suolo e perse la vita. Nel frattempo, del tutto ignaro del dramma che si stava svolgendo, Shizo Kanaguri continuava a macinare chilometri e lottava con il sudafricano McArthur alla testa della corsa. Questo fino a circa il 30° chilometro, quando i due vennero raggiunti da un altro sudafricano, tale Gitsham. Tra i due connazionali esisteva una specie di patto che misero in pratica facendosi reciprocamente da "lepri" e staccando il giapponese.

Arrivato al paese di Sollentuna, Shizo Kanaguri, fiaccato dal ritmo imposto dai due sudafricani e dal caldo soffocante, cominciò a perdere sempre più rapidamente terreno in preda anch'egli alla disidratazione. Accortosene dal giardino di casa nella frazione di Tureberg, dove con la sua famiglia stava godendosi un bel picnic sull'erba assieme alla sua famiglia in quella giornata irripetibile per quelle latitudini, uno spettatore (tale sig. Petre) chiamò il maratoneta giapponese in difficoltà, invitandolo a bere qualcosa di fresco. A Shizo Kanaguri non sembrò vero, e non se lo fece dire due volte: accettò di buon grado l'invito a gesti, e si bevve un bel bicchiere di succo di lampone freschissimo. Lo spettatore andò oltre: vedendolo stanchissimo e accaldato ai limiti del collasso, lo fece entrare in casa per riposarsi qualche minuto al fresco. Shizo Kanaguri si stese su una poltrona, e si addormentò.

Nel frattempo, il sudafricano McArthur vinceva la Maratona tra le accuse del suo connazionale Gitsham. Pare che fra i due ci fosse stato un gentlemen's agreement per il quale, se uno dei due si fosse fermato per bere qualcosa, l'altro avrebbe dovuto fermarsi e aspettarlo. Senonché Gitsham si fermò, e McArthur ne approfittò per tirare dritto in barba a ogni accordo. Vinse la Maratona, ma l'interesse generale era stato purtroppo catalizzato dalla tragedia del corridore portoghese che era stramazzato morto al suolo. Nessuno ebbe voglia di occuparsi della diatriba tra i sudafricani, e neppure di che fine avesse fatto il giapponese Kanaguri. Il quale se la dormiva beato, steso su una poltrona in una casa di Tureberg, mentre la famiglia Petre che lo aveva ospitato (salvandogli probabilmente la vita) continuava il déjeuner sur l'herbe.

Finalmente, qualcuno si accorse che dalla lista di coloro che erano arrivati al traguardo, mancava il giapponese Kanaguri. Letteralmente scomparso, volatilizzato nel nulla. Dopo molte ore dalla fine della gara, i giudici di gara decisero addirittura di rivolgersi alla polizia, che si mise a cercarlo lungo tutto il percorso. Niente da fare. Quando Kanaguri si svegliò, il giorno dopo, per le autorità svedesi era ufficialmente försvunnen, scomparso.

Non si ebbero più sue notizie nel paese scandinavo, e la qualifica di Scomparso fu ufficializzata e messa agli atti; in Svezia divenne una specie di favola mitologica e un modo di dire. La sua vicenda riuscì a eclissare i due vincitori litigiosi e anche la morte del povero maratoneta portoghese; l'espressione "picnic di Kanaguri" (Kanaguris picknick) divenne proverbiale per indicare una scomparsa improvvisa e inspiegabile. E' tuttora usata in Svezia, a un secolo intero di distanza.

Nel 1962 si festeggiava in Svezia il cinquantenario delle Olimpiadi, e a un famoso giornalista sportivo, Glokar Well (pseudonimo di Oskar Söderlund) venne in mente di riuscire a sapere che fine avesse fatto davvero Shizo Kanaguri, scomparso da mezzo secolo. Inviato in Giappone dal suo giornale, lo Stockholms-Tidningen, per reperire notizie sul maratoneta, riuscì dopo parecchie peripezie a trovarlo, oramai settantunenne, nella città di Tamana, nella prefettura di Kumamoto. Una volta scovato dal giornalista, l'anziano si stupì non poco di tutta la fama che si era guadagnato in Svezia in quel bizzarro modo; spiegò che, al suo risveglio, aveva preso un treno per Stoccolma e se n'era andato in un albergo. Il giorno dopo, utilizzando il resto della somma che era stata raccolta per lui, se n'era ripartito alla chetichella per il Giappone, rifacendosi oltre venti giorni di viaggio fra Transiberiana e nave; al giornalista disse che "si era vergognato troppo" e che non aveva avuto il coraggio di dire a nessuno che ripartiva. Disse ancora che non si spiegava come mai le autorità svedesi avessero continuato a considerarlo scomparso, dato che otto anni dopo, nel 1920, aveva corso ancora la Maratona alle Olimpiadi di Anversa (classificandosi al 16° posto) e che nel 1924, alle Olimpiadi di Parigi, l'aveva corsa per la terza volta (ritirandosi, ma senza addormentarsi). Per tutta la vita, poi, aveva insegnato geografia in un liceo locale, continuando a correre per diletto. Glokar Well gli disse che la sua vicenda era davvero rimasta un mistero per cinquant'anni in Svezia, e gli promise che gli avrebbe fatto togliere la qualifica di "scomparso" (forse anche per rimediare alla pessima figura fatta dalle autorità del suo paese).

Passarono cinque anni, e poiché in Svezia si è tenuta soltanto un'edizione delle Olimpiadi estive, essa dev'essere molto festeggiata. Nel 1967, infatti, si svolse a Stoccolma la commemorazione del 55° anniversario delle Olimpiadi del 1912. Alla TV svedese venne allora l'idea di far finalmente concludere a Shizo Kanaguri la Maratona che non aveva potuto completare. Kanaguri, oramai settantaseienne, fu invitato in Svezia a spese del Comitato Olimpico Svedese e della televisione di stato, e fu riportato esattamente alla casa della famiglia Petre, nella frazione di Tureberg del comune di Sollentuna, dove si era addormentato qualche anno prima; per essere sicuri, però, il "finale della corsa" fu organizzato nel mese di marzo (e in marzo, a Stoccolma, di caldo non ne deve fare sicuramente tanto). E Shizo Kanaguri ricominciò pian piano a correre, a correre, a correre. Fino allo stadio Olimpico di Stoccolma, dove tagliò il traguardo fermando i cronometri sul tempo di cinquantaquattro anni, otto mesi, sei giorni, cinque ore, trentadue minuti, venti secondi e tre decimi. Regolarmente registrato dalla Federazione Internazionale di Atletica come unico e irripetibile record del mondo all'incontrario. Shizo Kanaguri, fino ad allora inserito come "ritirato" nel tabellino della Maratona olimpica del 1912, fu ufficialmente riclassificato come ultimo. Ultimo sí, ma arrivato. Alla fine dichiarò in una conferenza stampa: "È stato un lungo viaggio...mi ci sono voluti sei figli e dieci nipoti per finire questa corsa!"


A sinistra: Shizo Kanaguri alla partenza della Maratona olimpica del 14 luglio 1912.
A destra: Mentre taglia il traguardo allo Stadio Olimpico di Stoccolma nel marzo 1967.

Dicono che Shizo Kanaguri sia morto il 13 novembre 1984 all'età di novantatré anni. Non tutti, però ne sono certi; e visto che, giusto quest'anno, cade il centenario delle Olimpiadi di Stoccolma, chissà che non ce lo vediamo ricapitare a Londra. Del resto, è stato dato per "scomparso" già una volta... Fatto sta che ogni anno, a Kumamoto, viene organizzata una strana Maratona a suo nome. Invece di andare avanti per 42 chilometri e rotti, si ferma al trentesimo chilometro. Poi, chissà, tutti si fanno una dormitina!